Oggi desidero scrivere di identità territoriale. Sono nato a Genova e quando qualcuno parla della mia città o più in generale della Liguria mi sento parte di essa, persona informata dei fatti.
Questo mi porta ad essere al tempo stesso il più fermo paladino a difesa di questa sottile fascia di terra quando ne sento parlare male dai “foresti” così come il suo più feroce critico quando tra conterranei si discute di quanto non funziona e di quanto non è valorizzato come dovrebbe.
Lavorando nel marketing (seppur applicato principalmente al web) sono giunto alla conclusione che la Liguria abbia un evidente problema di identità.
Di fatto la domanda è: ma la Liguria esiste davvero?
Voglio dire: che cosa davvero unisce le persone che vivono e trascorrono la loro vita in questo arco di terra stretto tra monti e mare?
Qual è il collante? In cosa le persone possono riconoscersi e ritenersi differenti (attenzioni non migliori, differenti) da altri popoli?
Esiste in questa terra un fine comune che vada al di là del proprio giusto tornaconto personale e che coinvolga il territorio allo scopo di svilupparlo e tramandarlo alle future generazioni?
Per chi ha voglia di credermi, non mi interessa minimamente avere un approccio politico dell’argomento; per cui, chi volesse incasellare il ragionamento che sto provando ad argomentare in un lato o nell’altro del panorama politico italiano parte da un presupposto errato: “nun me ne po’ fregà di meno”, per essere chiari.
Mi interessa analizzare le più recenti campagne marketing che coinvolgono l’identità del capoluogo e dell’intera regione: sembra che persino chi ha avuto incarico di dare e comunità un’identità da esportare abbia più chiaro che cosa non sono Genova e la Liguria piuttosto che conoscere realmente cosa sono e in cosa possono essere riconoscibili da chi proviene da fuori regione.
Pensate all’ultimo logo con il quale si presenta Genova “Genova more than this” che lascia trapelare che il capoluogo ligure ha molto più da dare e da raccontare al visitatore rispetto ai luoghi comuni ed alla conoscenza media che si ha di lei. Sì, ma cosa ha di più? Questo non si sa, nessuno lo dice, forse perchè nessuno lo sa.
Pensate alla campagna pubblicitaria della Regione che contiene il seguente slogan: “La Liguria è un’altra cosa“. La campagna evidentemente vuole solleticare la curiosità del visitatore, ma di fatto siamo sicuri che questo abbia la possibilità di comprendere questa “altra cosa” cosa sia in realtà? Cos’è quest’altra cosa? In cosa è diversa la Liguria da altre regioni italiane? Credo che lasciare che sia il visitatore a deciderlo ognuno in base alle proprie esperienze non rappresenti il modo migliore di creare un’identità precisa che consenta di andare incontro alle esigenze turistiche di precisi target di persone.
Secondo voi un ligure avverte la sua appartenenza territoriale se vive a La Spezia allo stesso modo con cui la avverte un ligure di Albenga?
Intendo dire: al di là dei propri interessi di crescita nella propria vita ed attività privata, se domandassimo loro se sentono di contribuire, con la loro attività ad una generale crescita economica e sociale della Liguria nel suo complesso la risposta sarebbe affermativa? Sinceramente io credo di no. Al limite uno spezzino, un genovese, e così via potrebbe sentirsi partecipe dei destini della propria città, ma non credo certo della comunità ligure.
Sapete cosa me lo fa credere? Il fatto che in realtà non esiste un progetto di marketing territoriale che faccia avere ai liguri una precisa identità per la quale valga la pena mettersi in gioco. Si potrebbe dire, mutuando concetti di marketing aziendale, che la Liguria non abbia una vision condivisa .
Ho davanti agli occhi un altro modello di comunità territoriale che amo per gli splendidi luoghi che contiene e ammiro per il modo con cui è stata valorizzata attraverso un progetto di marketing territoriale “scientifico” dalla forte appartenenza comunitaria: è il modello dell’Alto Adige seguito un po’ di anni dopo da quello del Trentino.
Ho avuto la fortuna di frequentare quei luoghi fin da bambino, ogni estate. Quando io ero bambino e ragazzino in montagna andavano le famiglie che volevano una vacanza riposante, lontana da luoghi affollati, a contatto con la Montagna con la M maiuscola. Poi arrivò un momento di crisi: nessuno andava più in montagna, era considerata noiosa in confronto alle possibilità che offrivano le località di mare e fu lì che nacque il progetto identitario comune dell’Alto Adige che ha coinvolto l’intera provincia sotto una stessa comune volontà: diventare montagna divertente, accogliente, interessante.
Oggi chi va in Alto Adige trova una varietà di proposte infinita che coinvolge amore per la natura, artigianato tradizionale, cultura, sport, enogastronomia, benessere, trasporti, tutti tendenti al massimo della qualità.
Il fatto che più colpisce però è che tutto questo è legato da un progetto comune che unisce l’intero territorio: se andate a Brunico, a Merano, a Vipiteno, a Ortisei, a San Candido, a Campo Tures e così via troverete sempre lo stesso modo di presentare la propria offerta: strutture ricettive nuove ed accoglienti, attenzione verso le famiglie ed i bambini, infinita vastità di praticare sport di ogni genere, rispetto per la natura, energie rinnovabili, proposte eno gastronomiche che valorizzano prodotti locali, percorsi culturali, paradisi dedicati al benessere, facilitazioni nei trasporti interni per tutti i visitatori.
Di fondo però sempre un solo marchio: Alto Adige (o Sud Tirol).
Il marchio ombrello di tutta la provincia autonoma nasce nel 2004 per
comprendere tutti i marchi esistenti nella provincia e identificarli sotto un unico logo vitale, simpatico e cordiale che richiama il panorama montuoso e i suoi colori tipici.
Capite? L’Alto Adige sa chi è.
Sì lo so, si dirà: “ma loro sono una regione a statuto speciale“.
Vero, indubbio. Ma non basta avere i soldi, bisogna avere un progetto identitario comune e spendere i soldi in modo coerente con il progetto. L’Alto Adige ha questo.
Il Trentino ha seguito questo stesso modello ed oggi ne sta traendo gli stessi risultati.
Ritorniamo allora in Liguria. Qui siamo ancora lontani dal raggiungere tutto questo. Ci sono interessanti eccellenze e “distretti” turisticamente molto sviluppati (pensiamo ad esempio alle Cinque Terre) ma manca un progetto identitario forte che accomuni i liguri e li faccia sentire parte del progetto.
Certo non mancano le bellezze naturali su cui puntare e sicuramente non manca la tradizione, la cultura, la storia, la gastronomia, la possibilità di praticare molte discipline sportive.
Mancano allora forse proprio “i liguri”? Forse, ma creiamo loro un marchio forte e ci saranno.
Vedo oggi una nuova attività di comunicazione a livello regionale intitolata “Una Liguria sopra le righe” abbinata all’hashtag #orgoglioliguria .
Mi sembra un’iniziativa che vada nella giusta direzione perchè tende ad accomunare tutta la Liguria su un progetto unitario e perchè tende a far partecipi i Liguri di un progetto, ma ancor più di un territorio, di cui sentirsi orgogliosi.
E’ un inizio, posto che manca sempre un cappello degno di rappresentare ed identificare la Liguria nel mondo e mancano azioni concrete di sostegno unitario del settore turistico (in tutte le sue possibili declinazioni) che vada ad uniformare e qualificare l’offerta turistica.
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